Prima Guerra mondiale (24 maggio 1915 e segg.)
Le vicende degli ultimi anni hanno provato duramente i bagolinesi che hanno visto i loro territori, specialmente quelli di Ponte Caffaro, interamente devastati. Ma non basta.
L’Italia, reduce dalla conquista libica, viene coinvolta nella prima guerra mondiale. Gli italiani, prima neutrali, cedono agli interventisti: Partito Repubblicano, Partito Socialista, Fascio d’Azione Rivoluzionaria, Partito Radicale, Movimento Futurista ecc..
Il 23 maggio 1915 a mezzanotte l’Italia si schiera contro l’Austria.
I monti di Bagolino e la zona del Caffaro che si trovano sulla linea di confine sono i primi teatri di combattimenti.
La guerra, in prevalenza di trincea, attua il principio ‘Ai fare l’aquila” cioè di conquistare e tenere le vette per essere padroni delle valli.
Verso il Passo Termine, al confine con il territorio trentino, ancora oggi sono visibili i resti di costruzioni militari, di trincee e di reticolati arrugginiti muti testimoni di una lunga guerra di logoramento.
La frazione di Ponte Caffaro nella notte dei 24 maggio 1915 vede passare sul suo ponte, posto a confine con l’Austria, i bersaglieri seguiti dagli alpini (5 battaglione) e dal fanti (62 reggimento) che si avviano alla conquista dei trentino.
Gli abitanti del Piano sono costretti a rifugiarsi, quando le battaglie si fanno più cruente, nel capoluogo.
Come quella volta che sono obbligati a rientrare a Bagolino per evitare il fuoco incrociato dei cannoni austriaci piazzati sul Forte Cariola, sul Forte Lardaro e sul Forte Corno, e dei “pezzi” italiani che tirano dal Forte Baremone e dalla Rocca d’Anfo.
Il 1918 è un anno tragico per gli abitanti di Ponte Caffaro. 1 cannoni dislocati su Forte Por vomitano un fuoco continuato sulla piccola frazione posta a confine.
La gente è svelta a fuggire ed a rifugiarsi in aperta campagna, nelle cantine, a Bagolino.
Le case vengono distrutte, la chiesa ed il paese bersagliati dal fuoco; miracolosamente tra gli abitanti non si contano vittime.
Dopo i “caldi” giorni dell’estate del 1918, finita la guerra, la gente di Ponte Caffaro può tornare a varcare il ponte che questa volta congiunge le sponde in uno stesso Stato che, come scrive il Biati “aveva sì rivendicato la sua frontiera, ma allo stesso tempo, aveva ingigantito i suoi problemi, portando la popolazione ad un esasperato malcontento, preparatore di nuove, deleterie avventure”.
Nel ricordo di tutti i caduti di Bagolino. Ugo Vaglia accenna a:
Scalvini Giovanni caporale del 5 Reggimento Alpini, medaglia di bronzo, coraggioso e calmo coadiuvava efficacemente il proprio comandante di plotone assumendo e tenendo con energia il comando di un gruppo di uomini. Monte Ortigara, 15 giugno 1917.
Stagnoli Carlo fu Carlo sergente artiglieria da campo, croce al valore militare. Capo pezzo di una sezione violentemente battuta dal tiro di artiglieria nemica, non curante del pericolo, accorreva in aiuto degli artiglieri dell’altro pezzo, gravemente ferito. Soglio Rotto (Pria Forà Arsíero) 3 aprile 1918.
Zanetti Carlo Tebaldo di Stefano Giulio sottotenente nel 5 Reggimento Alpini, volontario di guerra, medaglia d’argento sul campo.
Incaricato di condurre un nucleo di ardimentosi per aprire un varco nei reticolati nemici e farvi passare susseguenti ondate d’assalto, riuscì nell’intento. Cadeva poi per primo, ferito a morte sul ciglio del trinceramento avversario.
Basso Costone Vursic (Monte Nero) 16 settembre 1916.
Alberti Giovanni fu Giuseppe caporale maggiore 5 Reggimento Alpini btg Montesuello, medaglia di bronzo al campo.
Addetto ad una sezione lanciatorpedini sottoposta a violento bombardamento nemico fu instancabile nel lancio degli spezzoni e delle torpedini finché cadde ucciso colpito in pieno da una granata.
Trincerone di Zugna 23 agosto 1917.
Fusi Giovanni di Pietro caporale maggiore nel 530 raggruppamento artiglieria assedio 332 batteria, medaglia di bronzo sul campo. Guardafili in alta montagna dall’inizio della guerra affrontava volontariamente qualunque pericolo pur di ottenere il buon funzionamento delle linee. li 24 maggio 1918 dopo una lunga e pericolosa marcia, senza prendere riposo, procedeva a ,tendere nuove linee, delle quali manteneva il perfetto funzionamento durante l’azione sprezzando il pericolo ed il fuoco nemico. Punta Castellaccio 25-26 maggio 1917.
Dopo sessant’anni (1975) i Reduci della Grande Guerra con gli “avversari” austriaci si sono ritrovati a Ponte Caffaro accomunati da ideali di Pace.
Quelli che seguono sono tre ricordi-testimonianze dei reduci scelti tra quelli riportati da “Storia di un Ponte”.
Hans Biedermans, anni 75.
Non abbiamo mai odiato gli italiani. Non è colpa nostra se ci sparammo. Avevo quattordici anni quando è scoppiata la guerra d’Austria. Sono riuscito a fame ancora una buona parte, ho combattuto contro gli italiani sul Carso. Ho degli italiani un buon ricordo: combattevano come matti e gridavano sempre. Sono felice di essere venuto in Italia in questa occasione come amico.
Johann Virgolini, anni 77.
Ho il cognome italiano, ma, per quanto ne so, i miei antenati sono sempre stati austriaci. Abito a Feldkirchen. Anch’io ho combattuto contro gli italiani sul monte Cimon e sullo Stelvio. Ero volontario: allora ci riempivano la testa a scuola di queste cose. Non ho mai odiato gli Italiani e ora li ammiro anche di più: sono contento che abbiate voluto fare la pace.
Pietro Cominotti residente a Odolo.
Ero a casa nel 1915, troppo giovane: avevo 17 anni. Poi con gli Alpini del “Vistù” ho vissuto l’epopea dell’Ortigara. Rivedere i tedeschi dopo tanto tempo mi ha fatto piacere. Se noi ci siamo odiati non è colpa di nessuno. Ora siamo amici ed è bello. Sono sicuro che sono contenti anche i miei amici che sono rimasti lassù con le scarpe al sole.
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